Il Ministro della Sanità riporta che il fumo rappresenta uno dei più gravi problemi di sanità pubblica a livello mondiale, ed è causa di molteplice malattie dell’apparato cardiovascolare e respiratorio, tra cui il tumore polmonare.
Ogni anno, per queste patologie, si contano 90.000 morti in Italia e 3 milioni nel mondo, e la causa ultima di queste, nel 90% circa dei casi, è il fumo di sigaretta. Lo IARC (International Agency for Research on Cancer), in forza di uno studio condotto in 12 nazioni diverse, ha inserito il fumo passivo nel gruppo 1 degli agenti cancerogeni, classificandolo quindi come agente certo e dimostrato.
Chi respira fumo passivo ha una probabilità di ammalarsi di tumore del 20/30% superiore rispetto ai non esposti, pertanto l’associazione del fumo passivo all’ambiente di lavoro comporta un significativo aumento del rischio.
Nel fumo di sigaretta sono stati identificate 4.000 sostanze. Alcune di queste: acroleina, formaldeide, ammoniaca, ossidi di azoto, materie particellate, monossido di carbonio (CO), benzene, amine aromatiche, cianuri, nicotina, idrocarburi aromatici policiclici (IPA), sono noti cancerogeni, altre sono irritanti delle mucose, altre interferiscono con il trasporto dell’ossigeno, altre determinano dipendenza.
L'esposizione passiva è quantitativamente più ricca per il contenuto in benzopirene (3 volte superiore), toluene (6 volte superiore), dimetilnitrosammina (50 volte superiore) del fumo inalato direttamente. Di seguito sono riportate le norme di riferimento e la loro applicazione negli ambienti di lavoro.
La giurisprudenza valuta il fumo passivo come un fattore di rischio che deve essere adeguatamente affrontato dal datore di lavoro alla pari degli altri rischi presenti negli ambienti di lavoro in quanto è oramai dimostrato il rapporto eziologico fra esposizione e danno ( Ordinanza del Tribunale Civile di Roma, 4 ott. 2001, Ordinanza del tribunale di Bari, 4 ott. 2001, Tribunale di Milano, 1 marzo 2002, Ordinanza del Tribunale di Roma, 16 sett. 2000).
Inoltre, del Tribunale di Roma, data 16.09.2000, evidenzia la necessità di sicurezza nella protezione dei lavoratori dal fumo passivo, ritenendo insufficiente la presenza di impianti di areazione per garantire livelli qualitativi di aria pulita tali da non pregiudicare la salute dei lavoratori.
L'esposizione passiva a fumo derivante dalla combustione del tabacco è un fattore di rischio cancerogeno accertato e si considera fattore di rischio lavorativo qualora sia presente nei luoghi di lavoro.
Dalla circolare del Ministero della Salute del 17 dicembre 2004: "La prevenzione dei gravi danni alla salute derivanti dall’esposizione attiva e passiva al fumo di tabacco costituisce obiettivo prioritario della politica sanitaria del nostro Paese e dell'U.E. La nuova normativa si inserisce in questa visione strategica e per questo si rende necessario garantire il rispetto delle norme di divieto e il sanzionamento delle relative infrazioni. Il divieto di fumare trova applicazione non solo nei luoghi di lavoro pubblici ma anche in quelli privati che siano aperti al pubblico o agli utenti.
Tale accezione comprende gli stessi lavoratori dipendenti, in quanto "utenti” dei locali nell’ambito dei quali prestano la loro attività lavorativa. E’ infatti interesse del datore di lavoro mettere in atto e far rispettare il divieto, anche per tutelarsi da eventuali rivalse da parte di tutti coloro che potrebbero instaurare azioni risarcitorie per danni alla salute causati dal fumo."
Ne deriva l'obbligo per il datore di lavoro, dirigenti e preposti, di attuare tutti gli interventi preventivi previsti dalla normativa vigente:
Alla luce della normativa e della giurisprudenza, nei luoghi di lavoro in cui vi siano presenti lavoratori è fatto divieto di fumo e nei locali riservati ai fumatori, (presenti ad es. nei: bar, ristoranti, sale di intrattenimento, bingo, altro..), non possono essere svolte attività lavorative da personale dipendente, anche se saltuarie.
L'obbligo del rispetto della normativa è a carico dei datori di lavoro, dirigenti e preposti ai sensi del D. Lgs. 81/2008 e della normativa ad esso correlata e costituirà elemento di controllo da parte di questo SPISAL, nell’ambito delle attività di vigilanza negli ambienti di lavoro.